ALLATTAMENTO AL SENO E FORTE RIFLESSO DI EMISSIONE: COME SONO “SOPRAVVISSUTA”
Questa settimana appena passata ha visto sgorgare un fiume
di post su blog di mamme a riguardo del tema ALLATTAMENTO, data la settimana ad esso dedicata. Sui social
possiamo veramente trovare di tutto: dalle promotrici estreme che mai e poi mai
si figurerebbero a dare un biberon o un ciuccio, a quelle che non allattano
perché si vogliono sentire libere di lasciare il figlio a chiunque in qualsiasi
momento.
A tal proposito vorrei dire la mia.
Credo che ogni mamma
abbia il diritto di scegliere come dar da mangiare al proprio figlio. Certo
il latte di mamma è già pronto e caldo alla temperatura giusta, è ricco di
anticorpi e si adegua di nutrienti in base alla richiesta e all’età del
piccolo. Non per tutte però è una stupenda esperienza, non tutte hanno la
fortuna di poter semplicemente alzare la maglietta, aprire la coppa del
reggiseno e “concedersi” al proprio bimbo.
Ci sono neonati che non ne vogliono sapere di attaccarsi
bene e mamme che per la disperazione, piuttosto che chiedere aiuto o assistenza
preferiscono passare al biberon. E vi giuro, se non siete ancora mamme, non è
facile sopportare il pianto di un bebè che urla per la fame: spezza il cuore a
metà!
Ci sono altre mamme fortunate che sono state seguite più che
bene dall’ostetrica, o semplicemente che hanno avviato da subito un
allattamento perfetto. Magico. Unico. Semplice ed indolore.
Ecco.. le invidio.
Avrei tanto voluto anche io avere una possibilità simile. Mi
trovavo invece a piangere ad ogni poppata, dalla prima notte di vita all’aria
aperta di Emma. Eccovi la mia storia.
Dopo un’ora dalla nascita ho potuto vedere la mia piccolina.
La prima cosa che ho notato, oltre ad essere una gigantessa, è che cercava da
mangiare! Continuava a buttar fuori la lingua come un cagnolino assetato. Presa
dal panico perché non sapevo nemmeno da che parte iniziare, fermai la prima
ostetrica che passava vicino a me e le chiesi come fare per allattarla.
Sfortunatamente stava andando di fretta: mi tirò giù lo scollo della maglia,
prese la testa della bimba e la attaccò al seno in un modo molto sgarbato.
Pensai, data l’ignoranza in materia, che probabilmente poteva andar bene così
per la prima volta… Emma in qualche modo si attaccò, così quel giorno continuai
ad attaccarla nello stesso modo che mi era stato mostrato. Mai azione fu più
sbagliata!
La sera stessa vidi l’ostetrica di turno al controllo,
quando ormai marito e parenti se ne erano andati, e con tranquillità mi fece
vedere come poter attaccare bene Emma. Beh, il danno era comunque già fatto:
dall’esterno dell’areola si formarono due piccole linee marroni che giorno dopo
giorno si avvicinarono al capezzolo fino a diventare, dopo 4 giorni, delle ragadi.
Sono stata dimessa che la bambina si attaccava bene, ma il dolore mi faceva piangere per almeno
il primo minuto di allattamento, ogni volta. Solo ora, dopo un anno, ho capito
che questa storia non doveva andare così.
Come se non bastasse in quinta giornata ebbi la montata lattea. Bello, direte voi! Ma
quando mai? Appena iniziavo ad allattare da un seno, dall’altro schizzavo come
un idrante! Emma faceva i primi 5 minuti che sembrava non capire in che mondo
fosse, se all’aria o sottacqua. Alla fine di ogni pasto piangeva, faceva il
ruttino, si calmava e poi piangeva di nuovo. Pensavo fosse per il sonno, invece
aveva problemi di digestione. Dopo due mesi di controlli presso il consultorio
dove l’ostetrica mi assicurava di vedere un ottimo attacco e buonissimo
incremento di peso, il mio dolore al seno ancora non passava. Avevo provato di tutto: creme, aria,
massaggi, spray, olii. Nessun effetto! Mi rivolsi quindi ad una ostetrica de La Leche League che mi rivelò l’arcano.
Forte riflesso di
emissione con ragadi profonde.
Soluzione? Paracapezzoli
fino a completa guarigione. Tempo di guarigione? Ci son voluti circa 3 mesi!
Il brutto aspetto di questo problema era l’impossibilità di
praticare un allattamento comodo ed in qualsiasi luogo. Dovevo stare
praticamente semisdraiata, preparare i paracapezzoli precedentemente sterilizzati,
mettere davanti al seno non utilizzato un grosso asciughino in cotone o la
coppetta raccoglilatte in silicone e attaccare Emma quasi coricata sopra di me.
Praticamente non potevo andare da nessuna parte senza portarmi dietro casa.
Producevo tanto di quel latte che in due settimane riuscivo a riempire un
cassetto del freezer di latte congelato in sacchetti sterili! Non potevo uscire
tranquillamente a bere un aperitivo con amici perché se la piccola avesse avuto
fame le sedie erano scomodissime.
Potevo pensare di tirarmelo? Certo… ma comunque ogni 3 ore
avevo il seno che scoppiava come una notte senza allattare, quindi mi sarei
dovuta portare in giro anche quello?
Insomma, un calvario! Non vedevo l’ora di concludere
l’allattamento ed iniziare a svezzare. A 6 mesi è stata proprio mia figlia a
farmi capire che così non ne potevamo più.
L’ultima ostetrica che mi ha seguita mi ha confessato che
poche nella mia stessa situazione sarebbero andate avanti: le mie ragadi erano
arrivate ad un punto tale che sembrava quasi in procinto di staccarsi il
capezzolo (bleah!). Probabilmente avevo letto tanti di quegli articoli su
quanto faceva bene allattare che mi sono fusa il cervello. Se dovesse
ricapitarmi una cosa simile con Adele, mi spiace, ma io scelgo l’artificiale.
Con due bambine a cui badare non voglio trovarmi più in lacrime che in sorrisi!
Qualcuna come me ha avuto questo problema? Come l’avete
risolto?
Mamme care, credetemi! Fate quello che fa star bene voi ed
il bimbo! Io sono cresciuta con il latte artificiale dai primi giorni di vita e
anche tantissimi altri come me lo hanno fatto: sapete una cosa? SI VIVE BENE LO
STESSO!
#MomPower
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